Lontano da qui | Dicembre 2018

Lontano da qui è un film di genere drammatico del 2018, diretto da Sara Colangelo, con Maggie Gyllenhaal e Gael Garcia Bernal

Lontano da qui, il film è diretto da Sara Colangelo e racconta la storia di Lisa Spinelli (Maggie Gyllenhaal), una maestra d’asilo con la passione per la poesia, tanto che i suoi figli ormai quasi adulti la trovano trasformata dalle lezioni che sta seguendo e il marito si sente un po’ trascurato.

Lisa non è di per sé molto dotata, ma sa riconoscere il talento altrui e rimane folgorata da quello di un bambino dell’asilo nel quale insegna, Jimmy (Parker Sevak), che compone con disinvoltura poesie impressionanti. Lisa decide di proteggerlo da una società indifferente al suo talento e fa il possibile per educarlo, spingendosi però molto oltre i limiti della sua professione.

Zanna bianca | Dicembre 2018

Zanna Biancaè un film di genere animazione, avventura del 2018, diretto da Alexandre Espigares, con Toni Servillo. Uscita al cinema il 11 ottobre 2018. Durata 85 minuti. Distribuito da Adler Entertainment.

Zanna Bianca, il film diretto da Alexandre Espigares, vede protagonista un lupo con un quarto di sangue di cane. E’ una creatura fiera e coraggiosa, e per questo sarà vittima della crudeltà dell’uomo.
Dopo essere cresciuto nelle terre innevate, meravigliose ma ostili del Grande Nord, viene accolto da Castoro Grigio e la sua tribù di nativi americani. Qui viene protetto dalla tribù, ma dovrà farsi accettare dagli altri cani. Purtroppo Castoro Grigio sarà costretto a cedere Zanna Bianca ad un uomo crudele, che lo obbligherà a trasformarsi in un cane da combattimento. In fin di vita, sarà salvato da una coppia disponibile e amorevole, che con il suo amore insegnerà a Zanna Bianca a dominare il suo istinto selvaggio e a diventare il loro migliore amico. Una storia di redenzione descritta dal punto di vista dei cani e soprattutto sulla straordinaria forza dell’amore che li lega indissolubilmente all’uomo.

Dal capolavoro di Jack London tradotto in oltre 90 lingue. L’avventura che ha emozionato intere generazioni, per la prima volta in una straordinaria animazione.

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Proiezioni

    L’Ape Maia – Le Olimpiadi di miele | Dicembre 2018

    L’Ape Maia – Le Olimpiadi di Miele è un film di genere animazione, avventura, family del 2018, diretto da Noel Cleary, Sergio Delfino, Alexs Stadermann. Uscita al cinema il 18 ottobre 2018. Durata 85 minuti.

    L’Imperatrice delle api, sorella della Regina dell’Alveare ape Maia, impone alla comunità dell’apetta la consegna di metà del miele prodotto, per contribuire alla festa delle Olimpiadi di Miele. Maia ritiene che l’esclusione del suo alveare dai giochi, usandolo solo come fonte di miele, sia una bella ingiustizia. I suoi goffi tentativi di lottare per la sua comunità ottengono un pericoloso effetto: la regina accetta di far partecipare la squadra ai giochi, ma in caso di sconfitta l’alveare dovrà consegnare tutto il miele. Una bella sfida.

    LEGGEREZZA E SEMPLICITÀ: L’APE MAIA RIMANE ESEMPIO PER I PIÙ PICCOLI DI CORAGGIO E DETERMINAZIONE, PAZIENZA E UMILTÀ.

    Tre volti | Dicembre 2018

    Tre volti è un film di genere drammatico del 2018, diretto da Jafar Panahi, con Behnaz Jafari e Jafar Panahi. Durata 102 minuti.

    La famosa attrice Behnaz Jafari riceve un video in cui una giovane ragazza chiede il suo aiuto per sfuggire alla morsa di una famiglia conservatrice. Behnaz abbandona le riprese del suo film e si rivolge al regista Jafar Panahi per avere aiuto e risolvere il mistero dei problemi della ragazza. I due viaggiano in auto verso il villaggio della ragazza nelle remote montagne del nord ovest dell’Iran, dove ancestrali tradizioni continuano ancora a dettare legge nella vita locale.

    OPERA ILLEGALE, IL FILM È UNA FORMIDABILE CASSA DI RISONANZA POLITICA, UNA PIAZZA ITINERANTE MA SOPRATTUTTO UN VIAGGIO INTROSPETTIVO

     

    Ride | Dicembre 2018

    Ride è un film di genere drammatico del 2018, diretto da Valerio Mastandrea, con Chiara Martegiani e Renato Carpentieri. Uscita al cinema il 29 novembre 2018.

    Una domenica di maggio, a casa di Carolina (Chiara Martegiani) si contano le ore.
    Il lunedì successivo bisognerà aderire pubblicamente alla commozione collettiva che ha travolto una piccola comunità sul mare, a pochi chilometri dalla capitale.

    Se n’è andato Mauro Secondari, un giovane operaio caduto nella fabbrica in cui, da quelle parti, hanno transitato almeno tre generazioni. E da quando è successo Carolina, la sua compagna, è rimasta sola, con un figlio di dieci anni, e con una fatica immensa a sprofondare nella disperazione per la perdita dell’amore della sua vita. Perché non riesce a piangere? Perché non impazzisce dal dolore? Sono passati sette giorni ormai e per lei sembra non essere cambiato nulla.

    Nonostante gli sforzi, non riesce ad afferrare quello strazio giusto, sacrosanto e necessario a farla sentire una persona normale. Manca un giorno solo al funerale e tutti si aspetteranno una giovane vedova devastata. Carolina non può e non deve deludere nessuno, soprattutto se stessa.

    Smallfoot | Dicembre 2018

    Smallfoot – Il mio amico delle nevi è un film d’animazione del 2018 diretto da Karey Kirkpatrick e Jason Reisig e prodotto dalla Warner Animation Group. È basato sul libro Yeti Tracks di Sergio Pablos.

    Gli yeti vivono tutti lassù, in cima all’Himalaya, sopra alle nuvole che loro credono essere la fine del mondo, perché così hanno detto loro le Pietre, le tantissime tavole di una legge che impone loro di non fare domande e accettare lo status quo. Qualcuno però crede che le cose non stiano così, e gli viene dato del pazzo, fino a che un giorno il giovane e ortodosso Migo non s’imbatte nel leggendario “smallfoot”, ma nessuno gli crede, e allora Migo scende giù, al di sotto delle nubi, e al di sopra dei suoi pregiudizi.

    Il meccanismo dell’inversione è chiaro e dichiarato fin dal titolo: qui il punto di vista non è quello degli umani, dei piedipiccoli, ma quello degli Yeti, che ci vedono come leggenda tanto quanto, nella realtà, noi consideriamo loro creature leggendarie. E saltellando tra una canzone rap e l’altra, tra un gag e l’altra, attraverso questa inversione Smallfoot mira a impartire, una sacrosanta lezione di tolleranza e di apertura: perché attraverso la conoscenza dell’altro, cadono i preconcetti, e cadono pure la paura e l’aggressività a scopo di difesa.

    Robin Hood – L’Origine della Leggenda | Novembre 2018

    Robin Hood – L’origine della leggenda (Robin Hood) è un film del 2018 diretto da Otto Bathurst.

    Il film è racconta le gesta del principe dei ladri Robin Hood, interpretato da Taron Egerton. Fanno parte del cast Jamie Foxx, Ben Mendelsohn, Eve Hewson, Tim Minchin e Jamie Dornan.

    Al ritorno dalle Crociate, Robin di Loxley scopre che l’intera contea di Nottingham è dominata dalla corruzione. L’ingiustizia e la povertà in cui vive il suo popolo lo spingono così a tramare per organizzare un’audace rivolta contro la potente Corona d’Inghilterra. Ma per farlo ha bisogno di un mentore: un abile quanto sprezzante comandante conosciuto durante la guerra. Grazie a lui, il temerario Robin diventerà il leggendario Robin Hood e, forse, cercherà anche di riconquistare un amore che credeva perduto.

    Gli Incredibili 2 | Novembre 2018

    Gli Incredibili 2 (Incredibles 2) è un film d’animazione del 2018 scritto e diretto da Brad Bird.

    È il seguito de Gli Incredibili – Una “normale” famiglia di supereroi del 2004,[1] sempre sceneggiato e diretto da Bird e incentrato sulle vicende di un’insolita famiglia di supereroi ed è il 20° film prodotto dalla Pixar Animation Studios.

    Dopo aver agito di fronte a una minaccia, incurante delle leggi contro i supereroi, la famiglia Parr viene scaricata anche dal programma di protezione. Proprio quando Helen / Elastigirl e Bob / Mr. Incredibile si stanno rassegnando a una vita in fuga perenne, il magnate Winston Deavour e sua sorella Evelyn offrono una soluzione: una totale copertura mediatica per qualche impresa, onde riportare l’opinione pubblica ad amare i supereroi. Vogliono però Elastigirl perché meno dannosa, così Bob rimarrà a casa a badare a Violet, Flash e un sempre più incontenibile Jack-Jack.

    Sarà anche banale scriverlo, ma l’idea di rivisitare un capolavoro dell’animazione contemporanea a 14 anni di distanza spaventa: con il primo Incredibili del 2004 Brad Bird, regista e unico sceneggiatore, aveva aggiunto il proprio tassello alla rivoluzione artistica Pixar, approfittandone per tessere un racconto a più letture pieno di intelligente humor, quando il genere supereroico al cinema non era ancora inflazionato. Sono cambiate tante cose: proporre i supereroi ha meno freschezza, la Pixar è seppellita dai sequel con occasionali gioielli come Coco, la rivoluzione animata Pixar si è allargata a macchia d’olio a tutta l’industria. Se abbiamo dato a Gli Incredibili 2 la valutazione che vedete in alto nella pagina, è perché il film a nostro modesto parere è sopravvissuto a queste circostanze potenzialmente avverse.

    Basterebbe fermarsi a riflettere sui temi che Gli Incredibili 2 tocca. Come già accadde col primo, è difficile per lo spettatore parcheggiare in cervello in facili morali. Helen si trova presto minacciata da un villain che critica aspramente l’idea di affidarsi ai supereroi per la propria salvezza: Bird in sceneggiatura (della quale è ancora una volta autore) riesce abilmente a suggerire sottotraccia l’l’ossessione per l’uso personale di armi, negli Stati Uniti garantito per costituzione ma da sempre oggetto di forti critiche. Nulla di esplicito e predicatorio, però: l’argomento non è toccato con sermoni, e anzi le motivazioni del cattivo sono esposte con una certa dose di umana comprensione. Anche se Bird rimane legato, come avveniva d’altronde nel poco riuscito Tomorrowland, all’idea di una missione affidata a chi è più dotato della media, qui la espande con l’idea di un mentore.

    Non si può ignorare che Winston Deavor sia di fatto una caricatura di Walt Disney senza baffi (e quelle iniziali sono ulteriore indizio). Il sogno e la fiducia nel fantastico sono prospettiva di serenità, però passano da uno sponsor della fantasia che sappia anche venderla. Vi sembra una morale ambigua? Certo, ma come si diceva Gli incredibili 2 riesce a smuovere la mente come il prototipo, alla ricerca di una fotografia della società e delle sue necessità. Riesce anche a farlo con un ricorso a uno humor irresistibile, che gronda un affetto contagioso per i personaggi (e di conseguenza per il pubblico). Il ribaltamento femminista dell’equilibrio familiare, sempre tenero e garantito dal rispetto reciproco di Helen e Bob, aggiorna la formula quel che basta a non tradirla del tutto, rendendo i contenuti contemporanei e rendendo sempre più familiari questi “supereroi”. Una dimensione quotidiana facilitata dalla scelta di agganciare questo seguito direttamente al finale del precedente, senza i tipici scontati salti temporali. Era più difficile scrivere un seguito in queste condizioni: Bird ha scommesso e ha vinto.

    E non poteva che vincere: i contenuti e il calore sono retti da una macchina cinematografica di sicurezza e professionalità spaventose. Con l’aiuto di tutto il team, Bird dirige ogni sequenza individuando senza colpo ferire il modo migliore di inquadrarla e illuminarla, di dirigere gli animatori, di montarla. Vale per ogni tipo di scena: per le tensioni familiari e per i raptus cartoon a corpo morto (due sequenze con Jack-Jack sono da antologia). Vale soprattutto per una manciata di sequenze d’azione che rischiano davvero di far impallidire analoghe dal vero. Non è un caso: nei cinecomic in live action l’essere umano deve prima o poi interagire con immagini virtuali, il fotomontaggio ci richiede un “salto della fede” per credere all’illusione. Bird, senza disperdere mai la tensione, sa che i personaggi animati vivono già naturalmente nel virtuale, e la posta per loro è altissima. Senza controfigure, senza forzature.

    Potremmo atteggiarci a pignoli. Potremmo scrivere che un colpo di scena fondante è piuttosto telefonato (ma non del tutto). Potremmo anche scrivere che Gli incredibili 2 non può per forza di cose mostrare la freschezza del primo capitolo. La verità però è che, esclusi i Toy Story, Gli incredibili 2 ci è sembrato il miglior sequel Pixar di sempre, nonché uno dei seguiti più convinti, sinceri ed energici tra i tanti a cui ormai Hollywood ci sottopone. Fossero tutti così.

    Hotel Transylvania 3 | Novembre 2018

    Hotel Transylvania 3 – Una vacanza mostruosa è un film di genere animazione, commedia, family, fantasy del 2018, diretto da Genndy Tartakovsky, con Claudio Bisio e Cristiana Capotondi. Uscita al cinema il 22 agosto 2018. Durata 97 minuti. Distribuito da Warner Bros. Italia.

    Dopo oltre un secolo passato a distribuire chiavi e munire il suo albergo di ogni mostruoso comfort a disposizione, anche il vampiro più indaffarato della Transilvania ha bisogno di una piccola pausa estiva, invece di occuparsi sempre delle vacanze degli altri presso il suo magnifico hotel. Mento affilato, occhiaie profonde e tintarella di luna, il bisbetico Dracula (voce originale di Adam Sandler) si lascia convincere dalla figlia Mavis (voce originale di Selena Gomez) a imbarcarsi con tutta la famiglia su una gigantesca nave da crociera extra lusso. Ovviamente si unisce a loro anche il resto del gruppo: Frank e signora, il lupo mannaro Wayne con la disordinata cucciolata, il riservato uomo invisibile Griffin, la maliziosa mummia Murray e il mansueto, taciturno mostro di gelatina Blobby. Ma mentre tutti si divertono moltissimo e partecipano alle attività e alle attrazioni di bordo, invece che dai colossali buffet illimitati, dalle piscine cristalline e dalle insolite escursioni, la curiosità del cinico conte viene stuzzicata dalla misteriosa donna capitano della nave: la seducente Ericka, nient’altro che la discendente del famigerato cacciatore di vampiri Van Helsing. Il flirt estivo intorno al quale ruota Hotel Transylvania 3 – Una vacanza mostruosa non solo metterà a rischio il delicato equilibrio famiglia-amore appena sbocciato, ma minaccerà dunque di distruggere l’intera razza dei mostri.

    In guerra | Novembre 2018

    In guerra è un film di genere drammatico del 2018, diretto da Stéphane Brizé, con Vincent Lindon.

    In guerra, il film diretto da Stéphane Brizé, racconta della guerra tra gli operai e i dirigenti di una fabbrica in chiusura.
    Dopo aver promesso a 1100 operai che i loro posti di lavoro sarebbero stati salvi, i dirigenti di una fabbrica decidono improvvisamente di chiudere i battenti. Laurent (Vincent Lindon), uno degli operai, si batte in prima fila contro questa decisione.

    Il mondo del lavoro per chi ha superato i cinquant’anni. Un territorio minato, il rischio che la perdita di uno stipendio sicuro possa voler dire non trovarne più un altro, l’incapacità di riconvertirsi e, soprattutto, attirare le attenzioni di un datore di lavoro scoraggiato dall’età. Peggio ancora la possibilità di avere un lavoro ma non riuscire a mantenersi, finendo nel girone infernale dei nuovi poveri. Il cinema francere è specchio di una società ancora molto sindacalizzata, in cui le lotte per mantenere dei diritti acquisiti, in molti casi ben più solidi degli altri vicini europei, sono frequenti e agguerrite.

    Una rappresentazione simbolica di queste lotte feroci è l’immagine di uno dei direttori di AirFrance a cui i dipendenti inferociti strapparono la camicia strattonandolo contro una rete di recinzione, solo pochi anni fa. Immagini veicolate attraverso i canali televiivi, specie quelli che trasmettono notizie per 24 ore al giorno.
    Proprio con dei reportage del genere inizia il nuovo film di Stéphane Brizé, En guerre, raccontando della protesta di un gruppo di operai di una fabbrica, la Perrin Industrie, che nonostante i loro sacrifici in busta paga e i profitti notevoli per l’azienda devono fronteggiare la minaccia di chiusura del loro stabilimento. 1100 operai, 4000 persone coinvolte, in una regione depressa della Francia di provincia.

    La precarietà lavorativa è al centro di un percorso che Brizé ha iniziato con La legge del mercato, mescolando un (grande) professionista come Vincent Lindon con attori dilettanti, con uno stile simil documentaristico e una macchina da presa che pedina i personaggi. In questo ritorno della coppia Brizé/Lindon, qui anche produttori e veri sodali creativi, il meccanismo è ulteriormente spinto all’estremo, con un’asciuttezza mirabile che lascia fuori ogni dinamica che non coinvolga la trattativa fra gli operai e l’azienda, dall’inizio alla fine. Zero sprechi o distrazioni, solo un dialogo fra quanto viene mostrato dai media e quanto effettivamente accade all’interno dei consigli sindacali di fabbrica. Unica eccezione un’apertura per il protagonista, il leader della protesta interpretato da Lindon, di cui viene mostrata la figlia in gravidanza avanzata.

    Stéphane Brizé sta raccontando il mondo del lavoro in Francia oggi, in epoca di delocalizzazione e fine della serenità da posto fisso, come Laurent Cantet lo ha raccontato nel primo decennio degli anni Duemila. Il risultato è un film che racconta sì una guerra per il mantenimento del posto di lavoro, per il rispetto della parola data, dei sacrifici richiesti e fatti, ma anche un apologo sulla democrazia, faticosa all’estremo e basata sul dialogo fra le parti. In un momento in cui la demagogia e il populismo delle rivoluzioni in cinque minuti sconvolgono il continente, En guerre ci riporta alle estenuanti tempistiche con cui si cambiano realmente le cose, la ricchezza del confronto, anche a rischio di rimanere in fase di stallo, di non convincere neanche il tuo collega. C’è molta strategia, specie fra i dirigenti della Perrin Industrie, e molta passione in questi uomini e donne di ogni età che rischiano di perdere il lavoro, pur avendo prodotto utili e accettato delle rinunce per evitare licenziamenti.

    En guerre è ripreso quasi sempre appena al di fuori dei gruppi di discussione, la camera riprende lo svolgimento del dibattito sporcandosi con qualche nuca, una spalla, portandoci anche noi in quelle stanze ribollenti di ragioni in cerca di condivisione. Un viaggio rabbioso, doloroso, euforico, in cui lo spettatore entra dalla prima inquadratura e si lascia portare dallo straordinario realismo delle discussioni, in una montagna russa emotiva che condivide con i protagonisti, su tutti il solito gigantesco Vincent Lindon, capace ancora una volta di mescolarsi mirabilmente con i volti anonimi dei non professionisti.